Kotodama 言霊 - Il Potere delle Parole in Giappone
Spesso si dice che le parole hanno un’anima, che la loro importanza si riflette in quello che una persona fa. In Giappone questo è vero fin dall’antichità quando si credeva che le parole “legassero” colui che le pronuncia e coloro a cui sono dirette.
Con Kotodama 言霊 ci si riferisce alla credenza popolare giapponese secondo cui le parole racchiudono un potere mistico, pronunciarle può influire "magicamente" sugli oggetti, sull’ambiente e sulle cose ci circondano.
Il legame tra la forza delle parole e il Giappone è secolare e a tutti i livelli sociali. La pronuncia di alcune parole, la loro intonazione, ma soprattutto il pronunciarle con convinzione e forza conferisce a ciò che si è appena detto un potere non solo sulle cose che ci circondano, ma anche sulle persone e soprattutto su noi stessi.
Non a caso ci sono discipline marziali che fanno del kotodama una parte della loro filosofia. Vi porto l’esempio di una delle discipline più conosciute del Giappone: L'aikido.
Morihei Ueshiba 植芝盛平 il fondatore dell'aikido ne avevano implementato l’uso come base spirituale per i loro insegnamenti tanto che usava dire che:” L’aikidō è un metodo eccellente per praticare il kototama. È un metodo attraverso il quale si realizza la propria vera natura in qualità di dio e trova la libertà finale."
Ma quello che più stuzzica la curiosità è l’uso mistico e spirituale che si fa del Kotodama. Il Giappone ha una forte impronta mistica e religiosa risalente al passato, la sua mitologia, ma la sua stessa religione di stato, lo shintoismo, spinge a questo.
Un esempio che ancora oggi ci fa capire il comportamento dei giapponesi. Conoscere il nome proprio di una persona e usarlo è qualcosa che non accade spesso in Giappone, questo perché è antica credenza che sapere il nome proprio ci dà “potere” su di lei/lui. Questo pensiero era ancora più marcato nel passato quando chiamare qualcuno con il nome di battesimo era una pratica vietata, usarlo significava poter controllare o dominare la personalità del possessore del nome, tanto che venivano usati dei "soprannomi" al posto del vero nome.
Certo oggi le cose sono un po’ diverse, ma vi sarà capitato spesso di vedere come in Giappone non usa il nome proprio come interazione, ma soprattutto il cognome. Si pensi per esempio alla scuola. Diversamente da quelle occidentali, i compagni di classe si chiamano per cognome. Solo quando si conoscono meglio e il loro rapporto diventa più ravvicinato si chiedono di potersi chiamare con i loro nome. Da noi sarebbe strano chiamare un tuo compagno di classe con il cognome.
Questo forte potere delle parole è sempre stato presente in molte serie anime, in film e drama ad indicare ancora il fascino che ha sulle persone questa “superstizione” o filosofia. Si capisce l’importanza di evitare di pronunciare il proprio nome, e su questo si sono costruite storie romantiche (la ragazza che è imbarazzata a dare il proprio nome quando gli viene chiedo dal ragazzo che gli piace), oppure scendendo su film più legati al sovranaturale o all’horror l’uso che se ne fa per incatenare qualcuno a se o fargli fare ciò che si vuole.
Un esempio è una serie drama giapponese che è in onda in questi giorni sulla tv nipponica dal titolo Kotodamasou in cui il principio del kotodama è ben spiegato attraverso l’influenza negative, e mortale, che le parole di autoconvincimento o di condizionamento ha in un gruppo di persona che vivono nello stesso condominio.
E voi che ne pensate? Si sa che a volte le parole spingono le persone a superare i propri limiti, a sentirsi meglio, ci si autoconvince per poter andare avanti, ma allo stesso tempo le parole vengono usate per ferire e a volte portare alla morte.